Dallo scudetto con la Roma ad ambasciatore del Giappone nel mondo, la storia di Hidetoshi Nakata

Pubblicata il 19/01/2022
Dallo scudetto con la Roma ad ambasciatore del Giappone nel mondo, la storia di Hidetoshi Nakata
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Quando Luciano Gaucci presentò un giovane giapponese appena ventunenne, in tanti pensarono al solito “coup de theatre” dell’istrionico presidente del Perugia, per un’operazione orientata più al lato commerciale, verso i mercati asiatici, che tecnica. Invece bastarono poche partite a Hidetoshi Nakata per smentire le malelingue e dimostrare non solo di poter stare in Serie A, ma anche di diventare un top-player tanto da vincere uno scudetto – da protagonista – a Roma ed essere pagato successivamente ben 60 miliardi di lire dal Parma. Tuttavia con il passare del tempo il calcio per lui era diventato una sorta di gabbia dorata, dove era il business a spingere avanti tutto il carrozzone e a soli 29 anni, con molto ancora da dare, l’improvviso addio per mettersi uno zaino in spalla e girare il mondo, esattamente cento nazioni in tre anni. Voglia di visitare posti nuovi dopo esser stato bloccato tra allenamenti e ritiri per una vita, con la bellezza di essere riconosciuto ovunque andasse. Fu in quel momento che capì di restituire ciò che il calcio gli aveva donato, mettendo in piedi una fondazione che lavorasse con le onlus locali giapponesi. Un Giappone in cui Nakata era idolo, ma che conosceva davvero poco e dopo il peregrinare per il mondo, la seconda fase fu quella di conoscere al meglio la propria nazione, negli angoli più nascosti e remoti, quelli della tradizione che l’hanno spinto anche a diventare ambasciatore degli artigiani giapponesi. Il legame indissolubile con la patria non si è esaurito lì, infatti l’ex centrocampista della nazionale nipponica è entrato nel mercato del sakè, diventando CEO di un’azienda che produce la tipica bevanda nazionale, con tanto di creazione di un’applicazione che aiuta a scegliere nel dettaglio la bevanda più adatta a ogni persona. Sicuramente un’esistenza diversa da tante altre di ex colleghi pensando al futuro senza veri programmi; perché a volte basta uno zaino in spalle e la voglia di non fermarsi mai.